Le braccia aperte

Siamo prossimi al Natale. Entriamo in qualsiasi chiesa del mondo, anche nella nostra, belle ore successive alla messa di mezzanotte e, spontaneamente, andiamo a cercare l’immagine del Bambino adagiato su un po’ di paglia: nella sua semplicità ci accoglie a braccia aperte. Solleviamo lo sguardo: sono quelle braccia aperte ad incuriosire. Somigliano troppo a quelle del Bambino: eppure sono aperte perché inchiodate ad una croce. Si, quel Bambino che silenzioso ci guarda chiedendoci di non resistere alla sua tenerezza, lo ritroviamo appeso alla croce: anche lì, silenzioso, con il volto segnato dalla sofferenza, ci dice la stessa cosa. Sono le braccia aperte, segno di accoglienza e di dono di sè, a tratteggiare dall’inizio alla fine la storia di Gesù. Con nel mezzo le braccia aperte con cui ha perdonato i peccatori, riaccogliendo nell’amicizia di Dio chi si era smarrito e perso. Braccia aperte anche nell’ultima Cena per dividere quel pezzo di pane e per far passare quel sorso di vino, ricordando ai suoi amici di fare la stessa cosa “in memoria di me”.

Per buona parte della Messa il sacerdote che celebra lo vediamo così: con le braccia aperte. Non solo e non tanto un gesto liturgico, ma la cifra di riferimento di un cuore donato alla comunità e capace di accogliere suscitando, a sua volta, accoglienza. Anche le braccia di ogni cristiano che vive dentro la comunità degli amici di Gesù non possono fare a meno di assumere questa posizione vitale: braccia aperte. Non, quindi, l’autoreferenzialità, né tantomeno la paura di uscire e di confrontarsi, o di cullarsi nel calduccio dell’intima, sicura ma ambigua, perché asfissiante, chiusura del gruppo. Braccia aperte che ti fanno respirare e che consegnano amicizia, sostegno, gioia di appartenersi. Oggi più che mai si fa strada il sogno di una comunità cristiana che, con le fatiche e la gradualità del caso, ha “le braccia spalancate”, impegnandosi per accogliere ancora di più. Natale arriva per sollecitarci a cercare di rimanere sempre così: con le braccia aperte. Così piace a Gesù e così possiamo cercare di somigliare sempre di più a Lui. Buon Natale.

don Emanuele