Anche loro, compagni di viaggio.

Il patrono degli animali domestici, sant’Antonio abate, di cui si celebra la memoria liturgica il 17 gennaio, consegna l’opportunità di riflettere sul rito della benedizione degli animali che da qualche anno celebriamo nel sagrato della parrocchia. Gatti, cani, criceti, pesci rossi e altri personaggio si assiepano, davanti alla chiesa, con il loro fragoroso linguaggio e le loro imperdibili emozioni: tra loro gli emozionati e preoccupati amici umani. Il tempo di una preghiera veloce e di una spruzzatina di acqua benedetta e poi di nuovo a correre, ad abbaiare, a invocare cibo, a dormire. Papa Francesco, qualche tempo fa, durante un suo discorso in Piazza San Pietro, riguardo la vita e la morte così si è espresso:“Tutto ciò che ci circonda è uscito dal pensiero e dal cuore di Dio. Un giorno rivedremo i nostri animali nell’eternità di Cristo. Il paradiso è aperto a tutte le creature di Dio.” Un bel pensiero che ci mette in linea con l’atto creatore di Dio e che ama tutto ciò che ha creato. Anche le strade del nostro quartiere ci consegnano ogni giorno scene tenerissime a riguardo: persone sole che grazie al loro cane trovano la forza di uscire di casa, altri che con la stessa scusa si danno appuntamento per chiacchierare insieme ad altri, dolori e sofferenze che sono quasi leniti dal prendersi quotidiana cura di un animale. D’altra parte, alcuni aspetti non possono che generare qualche riflessione: per qualcuno provoca più dolore e sdegno ciò che di male viene fatto agli animali piuttosto che alle persone e magari si rimane indifferenti rispetto alle sofferenze dei fratelli; altri che hanno rinunciato a prendersi qualche giorno fuori casa perché non sanno a chi affidare il cucciolo a quattro zampe; incomprensioni nelle mura domestiche circa la presenza e la gestione di un animale. E tanto altro. Gli animali sono doni del Signore e l’uomo è il loro custode, questi non vanno maltrattati ma curati; hanno una storia evolutiva più ricca e per chi ha occhi per vedere, sono maestri di vita e di saggezza (Gesù invita i discepoli a imparare dagli “uccelli del cielo”, Mt 6,26), e di fedeltà. La Bibbia non ha esitato a mettere come fedeli compagni di viaggio di Tobia un angelo e un cane, chiamati entrambi a essere compagni di strada per l’uomo, e Gesù stesso si intenerisce di fronte all’immagine dei “cagnolini che mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni” (Mt 15,27). Spunti che ci consegnano la responsabilità dell’uomo rispetto a tutte le creature e che, oggi più che mai, chiedono di guardare con gratitudine e mitezza tutto ciò che è uscito dal cuore creativo di Dio per fare più bella la nostra casa.

Nell’iconografia di Sant’Antonio Abate, oltre al bastone da eremita si aggiunse, qualche tempo più tardi, anche il maiale col collare a campanella e una fiammella a simbolo del fuoco “domato”. E poiché l’Abate appariva così “il padrone” del maiale addomesticato, ecco che divenne simbolicamente il padrone, ovvero il patrono, il santo protettore, di tutti gli animali domestici e da cortile.

don Emanuele